Il nostro gruppo, autodefinito “Gruppo Senior”, è stato a Beius dal 9 al 16 Settembre. Eravamo in 14, per la maggior parte genitori di ragazzi che avevano già vissuto in questi ultimi anni un’esperienza di servizio in Romania.
È già normalmente difficile che i figli seguano le orme dei padri. E’ singolare che questa volta sia successo il contrario: i figli sono riusciti a coinvolgere i padri nella loro esperienza.
Siamo contenti di aver ripetuto l’esperienza dei nostri figli; questo ci ha permesso di capire meglio quello che ci andavano raccontando e di condividere con loro, al ritorno, quello che questa esperienza ci ha donato.
In Romania, seppure solo per qualche giorno, abbiamo recuperato il senso dell’essenzialità. Si può vivere con poco, senza eccessive comodità, senza essere distratti dalle cose, dedicando più attenzione ai rapporti con le persone.
Abbiamo lavorato con umiltà. Sarebbe stato più facile ed efficace lavorare alla veneta, da buoni “faso-tuto-mi”, intervenire da uomini tecnologici, con le nostre esperienze e competenze, tecniche e strumentazioni, con abbondanza di risorse e di strumenti avanzati.
Avremmo certamente realizzato di più, o con meno fatica. Ma sarebbe stato un intervento di estranei, quasi di colonizzatori: arrivo, faccio, ti regalo il risultato, quindi sono bravo e mi sento anche più buono.
Abbiamo, invece, preferito un’altra strada, quella di lasciare a loro il ruolo di protagonisti, con i loro tempi, i loro metodi, i loro strumenti elementari, fornendo solo manovalanza a disposizione di Josiph (architetto, geometra, direttore dei lavori, capomastro). Non quindi il semplice fare noi, ma aiutare a fare. Non criticare o imporre soluzioni, ma suggerire, con molta delicatezza, eventuali variazioni ai piani esistenti.
A volte il nostro spirito di carità, più che per rispondere ai bisogni degli altri, serve purtroppo a rispondere ad un nostro bisogno, il bisogno di sentirsi e dimostrarsi validi.
Loro sono invece capaci di vivere la loro situazione di povertà con serenità. Sono capaci di dire basta, di chiudere ogni tanto gli occhi sui loro bisogni, di difendere uno spazio/dei momenti di ricarica personale, anziché cadere nella trappola del volere tutto e subito.
Concludiamo dicendo, a nome di tutti noi genitori, che quanto abbiamo ascoltato con il cervello presto lo dimenticheremo, quanto invece abbiamo colto con il cuore ci resterà a lungo e cambierà la nostra vita.