Una storia toccante de nello stesso tempo impegnativa. Concediti qualche minuto per leggerla. Merita!

LA STORIA DI REY DAVID
2 dicembre 2015 in Facebook

Buongiorno papà Leopoldo, sono Yehu David Rey. Sono il giovane contabile dell’Associazione Ragazzi e Giovani Lavoratori (AEJT) di Uvira. Quando sei venuto a trovarci, un anno fa, tutti noi giovani abbiamo sentito l’affetto che tu da subito hai manifestato verso di noi.
Ti abbiamo sentito tutti come un papà. E abbiamo sentito che dietro a te c’è un’associazione che ci vuole bene. Ora sono a Kalemie nella Regione del Katanga perché la mia famiglia sta molto male: i miei genitori sono ammalati ed io non so come me la cavo. E come me e i miei fratelli, ho visto che ci sono tanti altri bambini qui che sono trattati come animali e che lavorano dodici ore al giorno solo per avere un po’ da mangiare. Ho visto anche bambini uccisi dai Bakata Katanga. Così ho creato anche qui un’AEJT, un’associazione che unisce i bambini, i ragazzi, gli orfani di strada, li aiuta e difende i loro diritti.
Non possono andare a scuola e bighellonano tutto il giorno, cercando di vendere acqua da bere dentro a sacchetti di nylon.
Papà Leopoldo, abbiamo bisogno di un’associazione che ci aiuti. Non lasciarci così per terra. Consideraci tuoi figli. Siamo persone anche noi. La mia associazione è formica, la tua giraffa. Non possiamo camminare assieme, ma tu puoi portare noi.

4 dicembre 2015 in Facebook

Siamo oramai 50 bambini e giovani riuniti, 15 orfani e 35 non orfani, tutti nella strada. Ci siamo riuniti in sei gruppi … Puoi aiutarci?

8 gennaio 2016 in Facebook

Grazie papà Leopoldo per averci informato che sarai in Congo dalle nostre parti. Allora vengo io ad Uvira dove sarai tu. Ci dobbiamo abbracciare come padre e figlio.

Domenica 31 gennaio 2016 ad Uvira

Papà Leopoldo, il mio cuore è emozionato per averti davanti a me. Grazie per aver acconsentito di incontrarmi. Kalemie è a 350 chilometri e ci sono voluti 3 giorni di faticoso viaggio e 65 dollari per i vari bus, ma sono proprio contento che ci incontriamo. I soldi del viaggio li abbiamo raccolti noi bambini e giovani, quelli dell’associazione AEJT che ho fondato. Tutti hanno detto che è bene mangiare un giorno in meno e unire i nostri risparmi per pagarmi il viaggio, perché da questo incontro con te sorgerà un futuro migliore per noi.
Sono David. Considerami, per favore, figlio tuo. Compio 20 anni quest’anno.
Io e la mia famiglia vivevamo qui ad Uvira. Mio papà faceva il muratore. Alzando i mattoni per costruire i muri delle case, a un certo punto ha iniziato a vomitare sangue. I medici l’hanno curato, ma non hanno mai capito che malattia avesse. Non è mai guarito del tutto. Approfittando del suo titolo di studio, a un certo punto e per nostra fortuna, ha trovato impiego in una scuola come insegnante. Ha insegnato per dieci anni, poi rapidamente è diventato cieco. Vede appena delle ombre.
Mia madre: in occasione del suo nono parto i medici scelsero il cesareo. Ma lo fecero male ed ora è handicappata, chissà, forse per sempre. Ad Uvira la medicina non va. Ci hanno detto che a Kalemie è meglio. E così ci siamo trasferiti laggiù ed abbiamo preso una capanna in affitto. I medici dicono che per mio papà ci vogliono 700 dollari e due o tre anni di cure. Per mamma chiedono 300 dollari. Allora abbiamo venduto la nostra casetta qui a Uvira ed abbiamo avuto mille dollari. Ora inizieremo le cure, ma ho poca fiducia. Intanto non abbiamo soldi per pagare l’affitto.
A giugno 2015 ho ottenuto la maturità, il diploma di ragioniere amministrativo. Sono arrivato quarto su quindici promossi su cinquantaquattro studenti che componevano la mia classe. Ho subito cercato lavoro, perché sono il fratello maggiore e devo mantenere la famiglia. Nessuno mi assume. Tutti dicono che sono giovane e che devo studiare ancora.
Io vorrei fare medicina. Vorrei andare a Lubumbashi: là si studia bene. Ma costa troppo. Ci vogliono mille dollari all’anno! Vorrei diventare medico per curare i miei genitori. E poi, da medico, avrò più autorità e potrò difendere meglio i diritti dei bambini.
Le mie sorelle, più piccole di me, ma più grandi degli altri fratelli, hanno qualche entrata: girano per le strade e i mercati di Kalemie vendendo succhi di frutta. Mia mamma, strascicandosi come può, ogni giorno va al mercato e vende carbone vegetale. I fratelli più piccoli restano a casa. Nessuno di noi nove, né sorelle né fratelli, va a scuola.
Un giorno una mia sorellina venne da me piangendo, perché un cliente le aveva preso un succo di frutta e non l’aveva pagato. Mi feci indicare chi era. Era un contadino importante nel nostro territorio. Andai da lui e, mostrandogli la tessera di socio dell’Associazione Ragazzi e Giovani Lavoratori di Uvira, che tengo sempre con me, gli dissi che ero un difensore dei diritti dei bambini, che i bambini non sono animali, che lui ha fatto un’ingiustizia e che ha creato sofferenza in mia sorella. Il signore mi guardò e disse che non pensava che così giovane io fossi una persona importante che difendeva i diritti dei bambini. Si scusò molto e pagò il dovuto.
Mentre finivo il colloquio con quel signore, una ragazzina di circa dodici anni che era seduta vicino e che vendeva banane, si mise a piangere e mi chiese di aiutarla. Parlai a lungo con lei. Scoprii che era orfana di mamma, che il padre era ubriacone, che aveva due mogli e nessuna delle due la voleva in casa. Piangeva tanto. Le parlai di te, papà Leopoldo e della tua associazione. Una settimana dopo quella ragazza, che si chiama Kashindi Kasigwa, mi portò un foglio dove aveva scritto una poesia di sua invenzione. Te la leggo:

Un tempo molto lungo nell’ignoranza
Un tempo molto lungo nella cecità
Un tempo molto lungo senza conoscenza.

Tante domande
Domande senza soluzione
Domande che ci stanno a cuore

Noi vediamo gli altri viaggiare
chiusi in vetture molto belle
molte vetture piene di bambini
che viaggiano con il loro papà
ma il nostro non c’è più.
perché? perché? perché??
sono domande che ogni volta …
che importanza ha …
nascere nella sofferenza …
meglio morire …

Noi abbiamo voglia di andare a scuola
ma eccoci nella strada
noi abbiamo voglia di avere conoscenze
ma la vita ci ha traditi
voglia di essere medici o ragionieri
ma la guerra ci ha uccisi.

I nostri papà sono stati bruciati
le nostre mamme sono state uccise
i nostri zii e le nostre zie sono stati massacrati
E questa l’origine della nostra sofferenza
perché? perché? perché??

Noi siamo trattati come animali
E’ a te Signore cogliere la nostra speranza
trova anche per noi un papà
perché possiamo essere suoi figli.
La strada non ha figli!

Allora decisi di fondare anche a Kalemie l’Associazione dei Ragazzi e Giovani Lavoratori (AEJT), perché insieme si arriva a trovare da mangiare e dove dormire, insieme ci si difende dagli adulti cattivi. Mi sono messo nelle strade più affollate, richiamavo l’attenzione della gente e mi inventavo scenette e dialoghi, indirizzandomi soprattutto ai ragazzi e alle ragazze di strada. Io sono bravo a fare teatro. Papà Leopoldo: sai quanti bambini e giovani come me hanno trovato il conforto e l’appiglio che aspettavano!
Ho contattato il presidente nazionale dell’AEJT, che mi incoraggiato. Ho chiesto aiuto anche ad alcuni direttori di scuola, che hanno messo a disposizione, fuori dall’orario scolastico, alcune aule. Perché fra quelli che hanno accettato la mia proposta, ci sono anche dei giovani insegnanti. Ora siamo 50 soci, divisi in sette gruppi, fra cui appunto c’è quello degli insegnanti che alfabetizzano i più piccoli. Peccato che non abbiamo soldi per comprare gessi, quaderni, penne. E poi non ci sono banchi. I bambini sono seduti su grosse pietre. Gli altri gruppi di mestiere sono i fabbricanti di fornelli a carbone, quelli dell’olio di palma, i falegnami, ecc. Il gruppo degli insegnanti si chiama “Educazione per tutti”.
E’ successo anche che uno dei ragazzi di Kalemie del mio gruppo aveva amici a Tulonge e così sono stato chiamato anche lì. Sono duecento chilometri da Kalemie. Anche li hanno creduto alla mia parola e si è costituito un AEJT di 25 ragazzi. Non abbiamo sede, non abbiamo computer, non abbiamo soldi, ma tu sei nostro papà.
Aiutami ad andare a Lubumbashi a studiare medicina: devo aiutare i miei genitori e la mia gente. Papà Leopoldo, aiuta la nostra nuova associazione AEJT. Anche se io mancassi per andare a Lubumbashi, loro ci sono e sono molto uniti. Abbiamo creato un consiglio di Amministrazione che si incontra ogni settimana e come vicepresidente c’è Neema Safi, che sta studiando legge all’università ed ha papà e mamma. E’ una ragazza molto in gamba.
Papà Leopoldo, tienici nelle tue mani.