L’aereo passa sopra un’infinita scia di luci serpeggianti lungo il Nilo; prima dell’alba atterra su una pista poco illuminata, scendo e sento un calore improvviso e diverso; la prima dogana è moderna, illuminata e cordiale; le strade perfette e ordinate, pulite e scorrevoli, le persone gentili e calme. Sono in Ruanda.

Poche ore dopo sto sudando su un bus che sfreccia tra colline e foreste lussureggianti; chi dorme, chi ascolta musica, chi mangia e chi mi osserva. Comincio a sentire che è l’inizio di un’avventura unica, non un’esperienza.

Viaggio tutto il giorno; arrivo di notte ad un confine buio, la strada si interrompe bruscamente, un fiume lento scorre sotto un ponte di metallo e legno, troppo moderno per essere vecchio, troppo consumato per essere nuovo. La mia destinazione è davanti a me; non riesco a vederla chiaramente, il nero avvolge tutto, le luci sono inghiottite da una notte che non avevo mai visto prima, e quel tragitto dal ponte alla dogana non finisce mai.

Quando arrivo non mi rendo conto … non c’è sbarra, non c’è cancello, non c’è sistema, non c’è regola … sono dentro e basta. Non ho passato un confine, ma una porta; quel ponte non attraversava un fiume, ma il tempo; non sono in un posto, ma in un’altra realtà, non sono nel mondo che conoscevo, ma in uno totalmente diverso. Il caos mi avvolge; mi toccano, mi tirano, mi guardano, mi osservano, mi urlano, mi parlano;  percepisco odori, rumori, umori mai sentiti prima; vedo nero tutto intorno e sprazzi di luce qua e là; la notte mangia tutto, ma la vita è pulsante e rumorosa, musica in lontananza, pile di immondizia che bruciano per strada, musica dietro di me, cibo grigliato per strada, bambini sporchi e nudi per terra, donne piegate dal peso dei sacchi di carbone, uomini ubriachi ai bordi delle strade; tutto è nuovo, tutto mi fa paura, tutto mi incuriosisce, tutto è bellissimo. Benvenuto in Congo!

Manuel Tartarotti a Bukavu Manuel Tartarotti a Bukavu