Guardo il sole scendere nel mare e le ombre delle palme allungarsi su questa terra dello Sri Lanka che mi ha ospitato.
Provo a fare un riepilogo di tre mesi vissuti intensamente e sentendomi a casa: l’accoglienza delle persone ormai fratelli e sorelle, i sorrisi dei bambini, le risate e i pianti, i momenti allegri e quelli di raccoglimento, le tante culture, religioni, meraviglie, conflitti e contraddizioni, i suoni delle strade confusionarie e caotiche, il silenzio della notte nelle zone rurali del Nord, dove si possono vedere infinite stelle, uniche luci su una terra arida e rossa, i mille colori e i profumi e i sapori intensi, le stoffe soffici di questo Oriente tanto raccontato, terra ai nostri occhi esotica, dai mille animali e frutti, la mia quotidianità.
Mi concentro su un particolare: lo sguardo di un rifugiato sulla sua stessa terra, lo sguardo di chi trova la forza di continuare. Un genocidio di cui nessuno parla, che si radica nella storia di un popolo pieno di tradizioni che ancora resiste, perché la vera forza non sta nel passare attraverso esperienze traumatiche, ma a come poi ci si rialza. Persona sconosciuta che guardavi la tua terra dilaniata, mi hai insegnato a non dare importanza a cose che importanza non hanno, che amare gli altri e stare al loro fianco vale davvero di più.
Il mio cuore resta in quel pezzo di Sri Lanka dimenticato dai turisti, dove le case non hanno porte perché la povertà è una condizione presente e dilagante, dove fratelli dormono fianco a fianco nella stessa stanza, ridendo assieme al calar del sole.
நன்றி grazie.