C’è una parte della società che si affina e cresce in cultura, conoscenza e sensibilità. E i vari componenti di questa parte di società, siano essi persone o gruppi o associazioni o istituzioni, pur conservando la loro specificità, si confrontano, scambiano, crescono ulteriormente e si arricchiscono di una sempre più elevata comprensione dei problemi, delle sfide e delle potenzialità perse dall’umanità o ancora possibili per il suo futuro.

Profughi attraversano il deserto

C’è anche un’altra parte della società che invece scende sempre più nell’indifferenza, ignoranza e superficialità. E vive una vita interiore senza più esigenze da soddisfare. E, che ci siano o non ci siano contingenti difficoltà di vita quotidiana, si affida sempre più alla guida di un capo carismatico che pensa per tutti, generalmente uno che si presenta con idee chiare, espresse con slogan sintetici e comprensibili, capace di mostrare in modo netto qual è il gruppo sociale causa di tutti i problemi.

I primi sono soddisfatti della propria ricerca interiore, che però allo stesso tempo li rende sofferenti, perché percepiscono il declino dell’umanità e, mentre affinano il loro pensiero critico e propositivo, si chiudono (o sono rinchiusi) in pregnanti discussioni salottiere.

I secondi, di contro, sono soddisfatti di aver trovato qualcuno che risolve tutto e qualche altro da emarginare perché “lebbra sociale”.

Fra i due mondi cresce il divario, la separazione, l’allontanamento, la difficoltà, anzi l’impossibilità di dialogo.

Piano piano la prima parte dell’umanità, quella dei soddisfatti nell’insoddisfazione, si assottiglia sempre di più, mentre la seconda parte, quella dei soddisfatti nell’ebbrezza dell’incoscienza, aumenta a dismisura.

Alla fine, per quegli strani meccanismi della cosiddetta democrazia moderna, i primi saranno derisi, poi perseguitati e infine soccomberanno, mentre i secondi vinceranno, anzi vincerà il loro capo, che di loro si serve per il suo personale potere.

Sono i cicli e i ricicli della storia, come dice Giambattista Vico, ma che si ripetono non più a ritmo di millenni, come nella preistoria e nel primo periodo della storia, ma di secoli, se non di decenni. Come una giostra impazzita che ruota sempre più velocemente, di dittatura in dittatura. Finché vinceranno quelle sfide che l’umanità ha imboccato e per le quali, per tutte, è già superato il punto di non ritorno: il collasso della biosfera, lo sgretolamento della struttura sociale mondiale, la perdita del controllo della tecnologia, in primis quella delle armi, il rapido declino del quoziente intellettivo dell’Homo Sapiens Sapiens. La storia ricomincerà forse da qualche sperduto villaggio miracolosamente salvatosi nella fitta foresta equatoriale africana o addirittura da un nuovo Australopiteco.